Importanza della Diagnosi Prenatale Avanzata: maggiore accuratezza di riscontro, minore invasività
Complici abitudini, ritmi di vita e aspettative differenti, anche dettate dall’odierna società, oggi i dati delle nascite in Italia sono in costante calo, a fronte di un innalzamento dell’età delle donne che decidono di intraprendere il percorso di una gravidanza. Non solo, a questo contesto si aggiunge un aumento dei casi in cui si fa ricorso alla procreazione assistita, anche eterologa, in donne in una fascia d’età al di sopra dei 40-45 anni.
“Questo quadro della realtà comporta la necessità di offrire, ora più di prima, dei percorsi di approfondimento diagnostico ad alta specializzazione per le donne in gravidanza, perché i rischi di complicazioni per la madre e per il bimbo risultano superiori. – spiega il Prof. Tullio Ghi, Specialista in Diagnostica Prenatale Avanzata presso L’Ospedale di Parma, e consulente presso il Centro Medico Spallanzani di Parma – Viviamo in una società che ha teorizzato il mito della perfezione, il figlio viene idealizzato come il massimo investimento per una coppia che coltiva l’idea di programmare la nascita di un bambino sano. Ciò implica esami di diagnostica prenatale che possano soddisfare il più possibile la richiesta di tranquillità delle coppie e siano in grado di escludere nella modalità più accurata, e nei tempi più precoci, la presenza di malattie e anomalie che possono incrinare il mito del figlio perfetto”.
Ecco quindi che lo sviluppo e la diffusione di esami ecografici e test genetici sempre più avanzati diventa la necessaria via per rispondere a queste nuove esigenze, ovvero il poter fornire alle coppie in attesa informazioni sempre più dettagliate e precise riguardanti le caratteristiche del loro bambino fino dai primi mesi in cui è nel grembo materno.
Una straordinaria accuratezza di riscontro che va di pari passo con la minore invasività possibile, in modo da evitare rischi per la gravidanza e la salute del feto.
“Si tratta di una situazione che ha portato alla sempre più massiccia diffusione dell’utilizzo di ecografie 3D, 4D e test del DNA fetale su sangue materno con marcata diminuzione del ricorso ad amniocentesi e villocentesi, ossia esami di diagnosi prenatale invasiva che oggi restano consigliabili solo nei casi in cui le ecografie o gli screening mettano in evidenza un alto rischio di malattie o malformazioni del feto”, conclude il Prof. Tullio Ghi.
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